LA MUSICA CHE FA BENE ALL’ANIMA
di Anna Maria Di Lorenzo
Che la musica abbia il potere di influire sullo stato d’animo di chi ascolta è una verità che l’uomo ha scoperto sin da tempi remotissimi. Pensiamo ai raga indiani, agli insegnamenti di Confucio, alla teoria greca degli ethos. In tutti e tre i casi, sebbene lontani geograficamente e culturalmente, alla musica viene riconosciuto il potere indiscusso di agire sulla sfera psico-emotiva: ad alcune sollecitazioni musicali possono corrispondere influssi benefici, altre possono indurre uno stato di malessere. Scopriamo la nostra personale ricetta di musicoterapia.
L’AUTRICE | Anna Maria Di Lorenzo
Musicista, concertista, cantante, docente e formatrice, si è diplomata in Counseling & Coaching, ideando una metodologia originale di impronta artistica, in cui la musica è strumento per raggiungere l’armonia tra mente e corpo, e dunque il benessere.
Ascolta che ti passa
Ascoltare musica serve a recuperare carica e sorriso nei momenti grigi. “Mica basterà una canzone per star meglio?“, mi direte. Ma in fondo non esiste un vecchio detto che recita: “canta che ti passa”? Be’, a me aiuta… E ho verificato che funziona anche nella mia attività di docente. E allora, perché non provare? Per ogni momento “no” vi proporrò uno o due ascolti, spiegandovene il contenuto, le indicazioni terapeutiche, la posologia e le eventuali precauzioni per l’uso… Con quel po’di ironia indispensabile per affrontare nel migliore dei modi le ordinarie burrasche del quotidiano.
Quando sei giù e hai bisogno di coccole
Pigliate ‘na pastiglia
“Caro, non mi sento affatto bene, ho un…” Nemmeno finisci di parlare e già lui sentenzia, senza distogliere lo sguardo da un irresistibile calcio d’angolo: “prendi un’aspirina!” Lo so, vorresti versargli in testa l’impasto del ciambellone… Ma no! Lanciagli una canzone! Questa dell’indimenticabile Renato Carosone ci aiuta a ridimensionare con l’arma del sorriso tanti piccoli malori, che a volte sono il segnale del nostro bisogno di coccole e di premure. E allora… Pigliate ‘na pastiglia. O forse è meglio tornare alla sana vecchia camomilla?
Quando m’en vo soletta per la via
Ti senti uno straccio, esci senza trucco e con un vestiario che grida vendetta… Oggi non sei proprio dell’umore giusto, vero? Ma gli sguardi compassionevoli che ti sfiorano appena, per poi posarsi in atmosfere più accoglienti, non ti fanno riflettere? Amarsi e sentirsi belle è l’unico presupposto perché possano amarci e ammirarci anche gli altri. Il tuo ascolto balsamico, tratto da “La Boheme” di Giacomo Puccini, sarà il valzer di Musetta: Quando m’en vo soletta per la via. In questo brano, con delicatezza e sensualità, si esprime l’arte di sentirsi irresistibili e la conferma dell’infallibile efficacia di quest’arte negli sguardi della gente. Ascoltandolo prova a immedesimarti, magari andando al supermercato con lo stesso spirito di Musetta, che attraversa le strade di Parigi con tanta sicurezza che nessuno può fare a meno di ammirarla.
Se lui ti lascia… per il tuo bene
Cry me a river
Il tuo lui ti ha lasciato di punto in bianco, senza apparenti motivi: “ho capito che meriti di più”, ha detto. E vorrebbe che gli fossi riconoscente: si è sacrificato (lui) per amore (tuo), per concederti la chance di trovare un compagno migliore ed essere (tu, non lui!) più felice. Che spirito altruistico! Ci vuole una canzone come Cry me a river, magari dalla voce affascinante e incisiva di Natalie Cole. Uno standard lento, anni ’50, di Arthur Hamilton. Lento, ma non triste. Un po’ di malinconia, ma niente rabbia: è passata, ormai. Resta la soddisfazione di vedere il tuo ex, che ti ha fatto piangere fiumi di lacrime, piangere ora per te. Si è pentito, ma… troppo tardi! Ora tocca a lui piangere, e sei tu che lentamente giri il dito nella piaga (Remember, I remember all that you said). Ecco a che serve l’andamento lento del brano: a restituire con calma il dolore che hai sofferto, dicendo: “ora sono io che non ti voglio più, e sarai tu a dover piangere per me”.
Se sei alla ricerca della felicità
God bless the child
Per cosa ci affanniamo da mattina a sera, cosa ci manca, cosa non ci fa dormire la notte? Qual è la nostra meta, a momenti vicina, poi rraggiungibile? Inseguiamo tutti la felicità, ma per ognuno rappresenta obiettivi diversi. Per rifletterci, ti consiglio God bless the child (Herzog/ Holiday). Dalla malinconica e penetrante voce di Billie Holiday, la citazione di un verso biblico: “Them that’s got shall get, them that’s not shall lose…” (“A chi ha, sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quel poco che ha”).
A un primo ascolto sembrerebbe uno spiritual, dall’andamento lento e ben cadenzato, doloroso e solenne, ma la cruda glacialità del testo lascia intuire una concezione drammatica della vita, che soltanto chi ha sofferto può comprendere. “Anche se tuo padre e tua madre sono ricchi, Dio benedice quei ragazzi che hanno il proprio denaro”. E ancora: “I soldi ti procurano un sacco di amici, che si accalcano alla tua porta, ma non appena li avrai spesi tutti gli amici spariranno”. Nell’ascoltare, porgi attenzione alla voce di Billie Holiday, che riesce a essere efficacemente lacerante, mentre l’accompagnamento dondola, cullandola, quasi in un tentativo di consolazione.
E se vuoi anche cantare…
IL LIBRO | Ciao amore ciao
Pietro Gargano, Ciao amore ciao, Vele Bianche Editori, 2007, pp. 152
“Cosa c’è dietro le canzoni che abbiamo più amato? Da cosa nasce un motivo che diventa colonna sonora delle nostre vite? Nasce quasi sempre da una passione vera, da amori raggiunti o da amori perduti. […] Spesso una canzone cela una storia, a lieto fine o più spesso delusa. Dietro ci sono le persone con le loro vite”.