VIOLENTO E DIPENDENTE, LA BIMBA GLI SARÀ AFFIDATA AL 50%?
Vivo con un uomo che da anni ha reso la mia vita poco serena, praticando una violenza silenziosa, psicologica e a volte fisica, che non ha segni visibili ma logora profondamente. In più, abusa di sostanze tossiche per l’organismo (alcool e marijuana). Con lui ho avuto una bambina di 3 anni, che assiste alle scenate del padre. Avrei voluto separarmi, ma mi ha convinto a comprare una casa, ulteriore vincolo tra noi. Ora continua a umiliarmi, spintonarmi e insultarmi urlando, anche in pubblico. Purtroppo non posso andar via di casa perché non ho soldi per un affitto, dovendo pagare il mutuo al 50% con lui. So che potrei denunciarlo per i reati di ingiuria, per le lesioni provocatemi dallo stress, per i maltrattamenti, ma sono difficili da dimostrare e i testimoni che ho non parlerebbero. Esiste un modo per far capire al mio compagno che i suoi atteggiamenti sono perseguibili? In caso di separazione, la custodia di mia figlia sarà al 50% con lui? Monica 🙂
Risponde l’avvocato Silvia Bardesono
Gentilissima Signora Monica,
ho letto con attenzione la sua e-mail, da cui emerge tutto il dolore e la sofferenza che questa difficile situazione Le reca. Con la mia risposta vorrei tranquillizzarla, se possibile, almeno un pochino. Perché, vede, è facile parlare e avanzare pretese quando non si conoscono le leggi, ma molto spesso le rivendicazioni, così fatte, non si basano su nulla.
Iniziamo dal discorso relativo alla separazione e al conseguente affido della bimba. È ormai assodato – per prassi giurisprudenziale – che la prole, soprattutto quando è in così tenera età, venga affidata alla madre a cui viene, al contempo, assegnata anche la casa coniugale.
Infatti, una delle tutele che la Legge predispone nei confronti dei figli minori riguarda proprio l’abitazione della casa familiare che viene effettuata sempre e comunque a tutela dei figli e del loro interesse a non subire il trauma dell’allontanamento dall’immobile ove si è svolta la loro esistenza fino al momento della separazione tra i genitori. Un figlio minore non verrà mai sradicato dal luogo in cui è cresciuto e in cui vive.
Pertanto, nel Suo caso specifico, anche se la casa è stata acquistata da lei e da Suo marito, con condivisione al 50% delle spese del mutuo, Lei e Sua figlia sareste le uniche “aggiudicatarie” della casa famigliare.
Dall’ultima riforma sulla famiglia, si tende a privilegiare l’affido condiviso dei figli. Dove, per affido condiviso, non si dovrebbe intendere una permanenza alternata dei figli presso l’uno e l’altro genitore (come tristemente ravvisato da alcuni) ma una gestione paritaria della potestà genitoriale che, appunto, viene esercitata da entrambi i coniugi. I genitori pertanto assumono, di comune accordo, le decisioni di maggiore interesse per la prole relative all’istruzione, educazione, scelte religiose, salute, tenendo pur sempre conto delle capacità e inclinazioni dei figli.
Nella pratica, se Lei dovesse addivenire a una separazione giudiziale (senza avanzare richiesta di affido esclusivo della bambina), la piccola verrebbe affidata a Lei, nel senso che vivrebbe con Lei stabilmente, con la possibilità, comunque, di passare del tempo con il padre; di solito, vengono accordate una o due mezze giornate a settimana e un paio di fine settimana al mese. Le decisioni di ordinaria amministrazione potrebbero essere prese anche solo da uno dei due coniugi senza interpellare l’altro mentre per quelle di straordinaria amministrazione sarebbe necessario il consenso vincolante di entrambi i genitori.
Per quanto riguarda il discorso “vacanze”, posso assicurarLe che, in assenza di una pronuncia del Giudice che autorizza Suo marito a trascorrere le ferie con la figlia, egli non può pretendere né avanzare tale diritto. Ed anzi, qualora, si allontanasse dalla casa coniugale con la bimba, e senza il Suo consenso, potrebbe incorrere in gravi responsabilità penali, di cui parlerò nel prosieguo del parere. Per contro, Lei potrebbe interpellare il Giudice, stante la giovane età della bambina e in considerazione dei problemi di dipendenze di suo marito, con la richiesta di non autorizzare il padre a trascorrere le vacanze con la figlia.
Inoltre, non ravvedo, almeno alla luce di quanto esposto nella Sua lettera, alcuna possibilità in capo a Suo marito di ottenere l’affido esclusivo della bambina.
Ciò potrebbe avvenire soltanto in caso di accertamento, a seguito comunque di consulenza tecnica richiesta dal giudice nel corso di una separazione giudiziale, dell’esistenza sulla Sua persona di gravi disturbi della personalità o dipendenze da sostanze psicotrope, quali alcool, droghe, ecc., (di cui invece, parrebbe soffrire Suo marito e non lei!) oltre che in casi di violazione reiterata e ostinata degli adempimenti di mantenimento, aggressività nei confronti del coniuge e dei figli, disinteresse totale nei confronti della prole, stato detentivo collegato a violenze nei confronti del coniuge per reati famigliari.
Alcuni dei suddetti elementi risultano, invece, di particolare importanza per una Sua eventuale difesa. Infatti, qualora decidesse di procedere con una separazione personale da Suo marito, potrebbe fare leva sullo stato generale di trascuratezza (si pensi all’abuso di cannabis e alcool) per richiedere, Lei, l’affidamento esclusivo della bimba. Il giudice, in questi casi, si avvale di tutti quei supporti che gli consentono un’effettiva percezione della situazione famigliare, al di là delle recriminazioni tra i coniugi: ci si riferisce, pertanto, alle consulenze tecniche psicologiche, opportunamente estese ad entrambi i genitori in conflitto, oltre che al minore, ma anche alle indagini degli operatori dei servizi sociali, e quant’altro possa essere di supporto per arrivare ad una decisione giudiziale.
Così come stanno le cose, le minacce di Suo marito di portarLe via la bambina sono solo aria al vento. Le ripeto, quando i figli sono in così tenera età, gli stessi vengono di prassi affidati alla madre (si parla di una percentuale altissima, pari al 98-99% a favore della stessa).
Per quanto riguarda invece il discorso relativo alla condotta perpetrata da Suo marito, vorrei procedere con l’illustrazione di tre fattispecie criminose.
Per maltrattamenti in famiglia, punito dall’art. 572 c.p. si intende: “chiunque maltratta una persona della famiglia o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte”. In altre parole, tale fatto è costituito da una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o meno, realizzati in momenti successivi con la consapevolezza di ledere l’integrità fisica e il patrimonio morale della vittima, sì da sottoporlo a un regime di vita dolorosamente vessatorio.
Più specificatamente, è stato precisato sia in dottrina che in giurisprudenza, integrare il reato in esame con la sottoposizione dei familiari a comportamenti abituali caratterizzati da una serie indeterminata di atti di molestie, ingiuria, minaccia ecc. al fine di rendere disagevole e per quanto possibile penosa l’esistenza dei familiari.
Il delitto in esame, quindi, può essere costituito anche da atti che, singolarmente considerati, non costituiscono reato, come ed esempio, i fatti che producono sofferenze solo morali, come lo spavento, l’angoscia, il patema d’animo, ecc. Ciò che rileva è che i singoli atti siano collegati tra loro da un nesso di abitualità e devono essere avvinti, nel loro svolgimento, da una unica intenzione criminosa, quella, appunto, di avvilire ed opprimere la personalità della vittima; non è, tuttavia, necessario che il comportamento vessatorio dell’agente, assunto a sistema, perduri indefinitamente, bastando che la situazione penosa della vittima si sia protratta per un lasso di tempo apprezzabile.
I comportamenti maneschi dei genitori non si conciliano con i metodi educativi, a tal punto che basta un solo schiaffo dato al figlio perché vi sia reato. Secondo parte della giurisprudenza, pertanto, anche solo l’isolato “ceffone” quando sia vibrato con tale violenza da cagionare pericolo di malattia è sufficiente a realizzare il reato di cui all’art. 571 c.p. di abuso dei mezzi di correzione e disciplina.
Infine, mi preme rassicurarLa che, di certo, Suo marito non può sottrarLe la bambina. Incorrerebbe in tal caso nel reato di sottrazione di minorenne di cui all’art. 574 c.p. che disciplina, appunto, il comportamento di colui che sottrae il minore alla vigilanza dell’altro genitore, così da impedirgli l’esercizio della funzione educativa ed i poteri inerenti all’affidamento, rendendogli impossibile l’ufficio che gli è stato conferito dall’ordinamento nell’interesse del minore stesso e della società. Il delitto di sottrazione di minore è plurioffensivo in quanto lede non soltanto il diritto di chi esercita la potestà del genitore, ma anche quello del figlio a vivere nell’habitat naturale con la conseguenza che per integrare il delitto contestato è necessario che l’agente prende con sé il figlio, contro la volontà dell’altro genitore, per un periodo di tempo rilevante, tanto da impedire all’altro genitore di esplicare la propria potestà e sottrarre il bambino dal luogo di abituale dimora.
Ho ritenuto opportuno soffermarmi su detti reati piuttosto che su altri, in quanto, alla luce di ciò che ha scritto, credo possano esserLe di maggiore chiarificazione dell’intera situazione benché l’argomento sia ampio – e dal punto di vista civile e dal punto di vista penale – tanto da meritare maggiori approfondimenti.
Pertanto mi auguro di esserLe stata d’aiuto e di avere in qualche modo chiarito almeno una parte di dubbi e domande, così non fosse e qualora intendesse fornirmi maggiori dettagli della vicenda, sarò ben lieta di offrirLe ancora il mio supporto.
Avv. Silvia Bardesono, Torino