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Separazioni | Coppia di fatto con figli

VIVO IN CASA DEL MIO COMPAGNO, MA VOGLIO ALLONTANARLO

Convivo da molti anni con il mio compagno, con cui ho avuto 3 figli. La mia relazione di coppia non è mai andata bene, ma ora la situazione è notevolmente peggiorata e lui ormai non si interessa quasi più di me e dei nostri figli. Soffro molto per i maltrattamenti psicologici e morali e ho deciso di chiudere la relazione. Vorrei sapere se posso chiedere l’allontanamento del mio compagno dalla casa in cui viviamo, che è di sua proprietà e su cui esiste un mutuo, cointestato con un suo familiare. Anche se la mia situazione economica non è delle migliori, riesco a pagare tutte le bollette e penso di poter provvedere al mantenimento dei miei figli. Simona 🙂

Risponde l’avvocato Silvia Bardesono

Gentilissima Sig.ra Simona,
con questo parere, cercherò di rispondere ai quesiti da Lei posti nel modo più chiaro e preciso possibile.

Innanzitutto, mi preme chiarire un punto importante della questione, non essendo lei e il Suo compagno uniti da vincolo matrimoniale bensì conviventi.
Quando i genitori sono uniti dal vincolo del matrimonio, si parla di separazione personale tra coniugi.
Quando a separarsi è una coppia di conviventi, la situazione è diversa, non essendoci una disciplina normativa uniforme per le coppie di fatto.
Nello scioglimento della famiglia di fatto, dal momento che l’unione della coppia si scioglie liberamente, l’intervento del giudice è eventuale e limitato alla presenza di figli minori. Non rilevano, pertanto, questioni economiche, patrimoniali o di altro genere.
Ciò nonostante, (e per fortuna, direi), quando sono presenti dei figli minori le regole e le tutele che la legge offre nei confronti della prole trovano analoga applicazione sia che si tratti di separazione dei coniugi sia che si tratti di separazione della coppia di fatto.
Le coppie di fatto, quindi, che hanno figli e vogliono regolamentare e tutelare i rapporti con questi possono ricorrere al giudice.

La Legge n. 219 del 10/12/2012, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 17/12/2012 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2013, ha eliminato qualsiasi forma discriminatoria tra figli legittimi, ossia nati all’interno di un matrimonio, e figli naturali, ossia nati fuori dal matrimonio.
Tale Legge ha stabilito la competenza del Tribunale Ordinario anche per la separazione delle coppie di fatto che hanno figli e vogliono tutelare i rapporti di questi con entrambi i genitori.
Pertanto, venendo alla Sua domanda – se può chiedere l’allontanamento del compagno dalla casa famigliare – rispondo affermativamente. Potrebbe, come extrema ratio e a fronte degli innumerevoli abusi psicologici subiti, proporre presso il Tribunale Ordinario della città in cui vive, e tramite legale di fiducia, un ricorso ex art. 317 bis cc per affidamento dei minori.

Con tale ricorso, si chiede al giudice che i minori vengano affidati in via esclusiva alla madre e che il padre possa vederli e tenerli con sé una o due volte a settimana con le modalità che si preferiscono. Mentre in via subordinata si chiede l’affidamento condiviso dei minori ad entrambi i genitori con collocamento stabile degli stessi presso la madre e modalità di visita da parte del padre come sopra detto; contestualmente si avanza richiesta di mantenimento per i figli e domanda di idonea CTU (consulenza tecnica di ufficio) al fine di valutare la personalità del Suo convivente e la sua capacità genitoriale.

Si tratta, come ho detto di una soluzione “ultima”, nel caso in cui Lei intenda chiedere l’affidamento esclusivo dei figli. In ogni caso, qualora decidesse di separarsi di fatto dal Suo compagno, Le continuerà a godere del diritto di vivere, con la prole, presso l’attuale residenza, che rappresenta la casa familiare dei suoi figli.
Una delle maggiori tutele che la Legge predispone nei confronti dei figli minori riguarda proprio l’abitazione della casa familiare. In altre parole, l’assegnazione della stessa abitazione viene effettuata sempre a tutela dei figli e del loro interesse a non subire il trauma dell’allontanamento dall’immobile ove si è svolta la loro esistenza fino al momento della separazione tra i genitori.

Nel momento in cui la crisi tra i genitori destabilizza i figli appare indispensabile non modificare completamente tutta la loro vita.
Proprio per questo motivo occorre mantenere ai figli la casa in quanto il trasferimento in altro luogo potrebbe accrescere angosce di perdita e di vuoto, già innescate dal trauma della separazione genitoriale.
La casa, intesa come spazio vissuto, rappresenta, soprattutto per i figli nelle vicende separatizie, il conosciuto contrapposto all’ignoto, il massimo della sicurezza spaziale, significa appartenenza, è il luogo posseduto dove i figli si strutturano e si riconoscono come esseri umani: in sintesi, il senso fondamentale di casa fa parte del substrato dell’identità stessa dei figli.
Pertanto, un figlio minore non verrà mai sradicato dal luogo in cui è cresciuto e in cui vive. E, fatti salvi i casi di gravissimi disturbi personali o dipendenze da sostanze stupefacenti (casi che non appartengono alla vicenda personale di Sua sorella) la casa familiare, soprattutto in presenza di figli minori, viene assegnata di regola alla madre.
Non pare inoltre ammissibile, almeno in dottrina, l’assegnazione della casa familiare ai figli, con permanenza alternata dei genitori.

L’assegnazione della casa coniugale costituisce un istituto tipico del diritto di famiglia, non inquadrabile in alcuno dei diritti di godimento previsti dall’ordinamento: non è quindi un diritto reale, così come non è un diritto personale di godimento di fonte contrattuale (locazione o comodato).
La sua funzione è unicamente quella di regolamentare l’uso dell’immobile tra due soggetti nel caso in cui essi abbiano avuto figli e abbiano convissuto con essi in una casa comune, siano essi coniugi, ex coniugi o ex conviventi more uxorio.
E ciò a prescindere dal diritto sottostante in virtù del quale essi lo occupavano durante la convivenza, diritto che non subisce modificazioni a seguito della assegnazione, sia che la proprietà spetti a uno solo, sia che spetti a entrambi, sia che il mutuo sia a carico del compagno e di un’altra persona (come nel Suo caso).
Pertanto, non ravvedo ostacoli nella circostanza che il mutuo sulla casa in questione sia a nome del Suo compagno e del familiare.

Per quanto riguarda il mantenimento dei figli minori dopo la separazione dei genitori, oggi la legge impone il dovere di contribuire alle esigenze dei figli ad entrambi i genitori in proporzione al proprio reddito. Questi debbono provvedervi non solo con le rispettive sostanze ma anche con la capacità di lavoro, professionale o casalingo.
Non può il genitore sottrarsi a tale obbligo adducendo il proprio stato di disoccupazione o la difficoltà a trovare mansioni idonee alla propria formazione o qualifica professionale. Ciascun genitore è tenuto a procurarsi, tramite la ricerca di un lavoro adeguato, fonti economiche tali da consentirgli di assolvere al proprio dovere di mantenimento del figlio. Un onere economico quest’ultimo che non risponde solo ad un obbligo alimentare, ma si estende anche all’ambito scolastico, abitativo, sanitario e sociale e che soprattutto non viene meno neanche qualora uno dei due ex coniugi abbia un reddito particolarmente basso.

La legge sull’affido condiviso lascia la determinazione all’accordo dei due ex coniugi. Essi sono liberi di stabilire misura e modo con cui provvedere – ciascuno per la propria parte – al mantenimento, alla cura, istruzione ed educazione dei figli. L’accordo, che deve comunque tenere conto delle rispettive capacità economiche dei due – e quindi prevedere una contribuzione proporzionale ai rispettivi redditi – deve essere poi sottoposto al vaglio del giudice che ne verifica la rispondenza all’ interesse del minore.
Solo nell’ipotesi in cui i due genitori non abbiano trovato l’accordo, la misura e il modo con cui essi dovranno provvedere al mantenimento della prole viene stabilita dal giudice stesso, che stabilirà la corresponsione di un assegno periodico di mantenimento, sempre tenendo conto delle rispettive risorse economiche dei genitori.

Nel compiere tale attività, sempre nel caso di mancato accordo tra i due ex, il magistrato dovrà seguire i seguenti criteri :

  1. le esigenze del figlio;
  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori;
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Avv. Silvia Bardesono, Torino