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Bosnia Erzegovina

Sarajevo, Bosnia

IL VIAGGIO IN BOSNIA ERZEGOVINA DI EDA 🙂

Come arrivare

In aereo; in auto in circa 10 ore di viaggio da Trieste. In Bosnia non esistono autostrade: per buona parte del viaggio in terra bosniaca puoi goderti la natura, i paesi incontaminati e ammirare un grande lago artificiale. E attraversi 3 frontiere.

Documenti

Carta d’identità valida per l’espatrio.

Informazioni generali

Sarajevo Tourism, www.sarajevo-tourism.com.

In valigia

Innanzitutto, scarpe comode: ovunque, e soprattutto a Mostar, le strade sono ad acciottolato. Per gli abiti, tieni presente che il clima è continentale: inverni freddi ed estati calde, con scarsa umidità.

Gastronomia

Il primo Mc Donald’s in Bosnia ha aperto solo nel 2011! La concorrenza dei fast food di cibo tradizionale è infatti agguerrita, tra kebab (carne arrosto), burek (focaccia con carne o formaggio, che si accompagna a un bicchiere di yogurt liquido), e ottime pasticcerie e gelaterie… Mangiare fuori per chi viene dall’Europa occidentale è economicissimo, ma non aspettatevi scontrini: non esistono.

Lingua

Molti bosniaci parlano l’Italiano (evita dunque commenti a voce alta!). L’Inglese è diffuso ovunque.

SARAJEVO: LA CITTA’ DEI CONTRASTI (E DEI CIMITERI)

Sarajevo è una città piena di contrasti. Da un lato le case, le ville, i palazzi, le strade nelle stesse condizioni di quando sono stati bombardati: fa male vederli ridotti così; dall’altro lato della stessa strada, magari, alberghi modernissimi. Lungo il fiume e nella zona centrale, la città conserva uno stile austro-ungarico; all’interno, invece, solo quartieri turchi. La casbah, negozi all’aperto, bancarelle coloratissime, cianfrusaglie, un numero incredibile di minareti, o džamlje.

Sarajevo dal mattino presto ha odore di carne (di agnello o manzo) arrosto. C’è molto caos e sporcizia; poveri, mendicanti, zingari, storpi e venditori ambulanti si aggirano per le strade: i conflitti armati hanno devastato la città e il suo tessuto sociale. Non c’è abitante di Sarajevo che non abbia almeno un parente morto a causa della guerra; i cimiteri, tanti, sono sparsi per tutta la città. Il Comune non possiede un piano edificatorio e Sarajevo, durante la guerra, era circondata dai Serbi, per cui i cimiteri sono dentro la città stessa, nei posti più disparati: lungo il fiume, nel parco, lungo le strade…  Spesso sono le tombe di giovani morti a vent’anni per una guerra che nessuno ha voluto.

TRA CASE BOMBARDATE E BOUTIQUE GRIFFATE

Nonostante la popolazione sia per la maggior parte musulmana, convivono qui ortodossi serbi, cattolici croati e un piccolissimo numero di bosniaci ebrei. Un tempo vi erano anche protestanti, ora la loro chiesa è divenuta Accademia di Belle Arti. Le ragazze, sia ortodosse che musulmane, sono belle; portano un fazzoletto intorno alla testa e molte hanno gli occhi blu, segno dell’incrocio di razze che qui è sempre esistito.

La vita notturna è molto vivace (e rumorosa): tutta la notte si è sempre in movimento nei locali e in strada. I giovani si spostano da un club all’altro, in genere in una nuvoletta di fumo (vi ricordate la frase “fumare come un turco”? Ecco: rende l’idea). C’è chi passeggia su e giù tra i bei palazzi austroungarici, le case bombardate, le chiese di tante diverse fedi e i negozi di Valentino e di Dolce e Gabbana, che qui sembrano fuori posto – ma, mi hanno assicurato, hanno clienti.

CAFFÈ TURCO A MOSTAR

Mostar è una città più organizzata, più pulita, pienissima di turisti. Il suo ponte, costruito da poco e inserito tra i monumenti patrimonio dell’Unesco, è costruito a sesto acuto: le pietre si tengono in equilibrio da sole! Proprio quando c’eravamo noi, i militari dell’ONU si ritiravano dalla Bosnia e la gente, felice di liberarsi dei militari, ha fatto festa.

I camerieri avranno ripetuto almeno cento volte al giorno ai turisti come bere il vero caffé turco, che viene servito in un curioso pentolino di rame, con due zollette di zucchero su un vassoio e una minuscola tazzina senza manici.

Eda