A.A. 🙂 RACCONTA LA SUA ODISSEA GIUDIZIARIA
Questa è la mia storia, uscita sui giornali locali nell’ottobre 2008. Finalmente è finita: il tempo è galantuomo e la verità è tornata al suo posto. Il Giudice ha disposto di non doversi procedere.
Una famiglia che sta per rimanere… senza un tetto
“Abuso edilizio per totale difformità del titolo abilitativo su edificio sottoposto a vincolo di tutela architettonica”. Questa, in sintesi, l’accusa che nel 2003 mi sono vista piombare addosso da parte dell’Ufficio Tecnico del Comune di…, dopo aver recuperato tutti i tetti del mio casale di campagna. L’accusa è pesante, ma il fatto strano è che il casale non è mai stato gravato da alcun vincolo di tutela architettonica e l’abuso è stato accertato su un progetto giuntato con nastro adesivo.
L’Ufficio Urbanistica sospende i lavori ed emette ordinanza di demolizione di tutti i tetti di quella che ormai è diventata la casa della mia famiglia. Per il Comune, l’antico casale del 1600 dev’essere demolito di 40 cm, 2 metri e 2,20 metri! Non dando seguito alla demolizione, un articoletto avverte che la proprietà passerà gratuitamente al Comune.
Grande assente, l’amministrazione
Il reato è penale: finisco nei guai e grossi, mi oppongo con disapprovazione e profonda amarezza inviando varie note sia all’Ufficio Tecnico sia agli Amministratori, che non risponderanno mai! La preoccupazione, la paura, l’angoscia, la disperazione di una famiglia con tre ragazzi di 20, 14 e 10 anni il Comune la archivia nel fascicolo – elenco/promemoria “CAZZATE VARIE” – prot.8256/03. Alla richiesta degli atti che motivano l’Ordinanza di demolizione, l’Ufficio risponde: “Procedimenti mentali; Studio e accurati approfondimenti della legislazione vigente; questi atti non sono trasferibili“.
L’accusa penale arreca danni ingiusti e pesanti, come il dover restituire fondi comunitari e per l’Imprenditoria Femminile, 50mila € su due piedi! Il rovinare nella salute un uomo, un padre colpito da ictus 20 giorni dopo la definizione amministrativa della pratica, è stata una dolorosa conseguenza.
Cambio di destinazione, da agricolo a turistico
Con mio marito avevo acquistato, nel gennaio del 2001, l’azienda agricola, consistente in un rudere diroccato e in un uliveto secolare abbandonato, per realizzarne la nostra abitazione e avviare un agriturismo. Dopo un mese dall’acquisto, con il nuovo Piano Regolatore Generale (ora decaduto), una parte della mia proprietà, confinante con le terme, ha cambiato destinazione: da terreno agricolo è passato a zona per insediamenti turistico-ricettivi, con un indice altissimo di edificabilità: circa 8.700 metri cubi (quasi 30 villette da 100 metri quadri!).
Sei anni trascorsi nella paura e nell’angoscia, che contrasta con l’idea di lavorare, valorizzare il territorio, creare posti di lavoro, promuovere e far conoscere i luoghi dove sono nata a tutti e nel miglior dei modi. Un storiaccia, un quadretto politico comunale del ridente paese collinare. Un esito legale che ha portato la verità, che dovrebbe costringere qualche professionista e qualche politico a chiedere scusa. E magari a vergognarsi.