PER CHIARA 🙂 L’IKEA È UN POSTO MERAVIGLIOSO. FINCHÉ NON CI VA
Dallo spillo all’elefante
La notizia serpeggiava da tempo tra le amiche: l’IKEA finalmente era arrivata anche da noi, dunque bisognava andarci. Le poche fortunate che c’erano già state ne parlavano come di un’esperienza magnifica: avevano risolto, in una sola uscita, tutte le esigenze della casa, dal feltrino al divano letto a tre piazze, dal servizio da tavola abbinato al colore della tovaglia al lettino per bimbi. Perché all’IKEA c’è tutto ciò che esiste per la casa e anche ciò che non è stato ancora inventato. Un po’ come da Harrod’s a Londra, dove trovi “dallo spillo all’elefante”.
La prima volta (e la seconda)
E così, toccò anche a me andare all’IKEA. La ‘prima volta’ fu rapida e indolore: andai in veste ufficiale di accompagnatrice di un’arzilla signora 80enne, che in realtà accompagnò me con la sua auto (dovunque uno abiti, l’IKEA si trova sempre a una considerevole distanza) e mi guidò con perizia e rapidità tra i corridoi, per cui alla fine ne ebbi una fugace impressione di un luogo dove c’è un po’ tutto, ma non riesci a comprare niente. Qualcosa invero comprai, quando la signora infine stanca si sedette su una sedia da giardino in vendita: salmone e biscotti al burro, perché all’IKEA c’è anche il cibo ovviamente, sia pure svedese.
La seconda volta riuscii a concludere un vero acquisto. Avevo chiesto alla mia amica Stefania di accompagnarmi a comprare una sedia girevole. Riuscii a giungere a destinazione nonostante gli svincoli autostradali e riuscii pure a trovare esattamente la sedia della forma e del colore che volevo, anche se per esclusione: era infatti l’unico modello il cui meccanismo a pompa funzionasse. Stefania fu di una pazienza eroica: attese mentre provavo tutti i modelli di sedie in commercio e sopportò stoicamente l’attesa con numeretto per il pagamento e la consegna degli scatoloni, che poi mi aiutò a caricare in auto provando ogni possibile combinazione per farceli entrare. Una volta a casa, fu facilissimo montare la sedia.
Alla ricerca della libreria perduta
Fu dunque con fiducia – anche se con un po’ di paura: all’IKEA sai quando vai, ma non sai quando torni – che, un lunedì di una settimana in cui ero sola, mi misi in auto alle 14:20 e mi avviai all’IKEA, per comprare una libreria. Parcheggiai proprio di fronte all’ingresso e varcai la soglia alle 14:45 circa, insomma di buon’ora.
Il primo giro al piano superiore si rivelò poco proficuo: le uniche librerie di legno massiccio (le altre erano di materiali piuttosto alternativi per i miei gusti) parevano essere una in pino nodoso naturale, adattissima per una baita di montagna, e un paio in un colore marroncino che veniva artisticamente definito “anticato” (a meno di non prenderla verde Tropical). Un’altra, però, mi aveva colpito, ma decisi di effettuare un secondo giro per esserne ben sicura (zoppicavo per problemi di salute pregressi, ma dovevo compiere la mia missione).
Il secondo giro al piano superiore rivelò che in effetti l’unica libreria possibile per qualità e colore era quella da me individuata; forse non proprio bella, ma acquistando un paio di cestini in paglia (fungevano da cassetti) sarebbe molto migliorata. La mia parete era lunga, dunque mi servivano 2 librerie e 4 cestini. Intanto, avevo acquistato qua e là alcuni utili oggetti: una decina di reggilibri, un paio di cuscini per dormire, 3 tetrapak di succo di mirtilli, vari pacchi di tovaglioli doppio velo e i famosi 4 cestini, per cui avevo già un carrello colmo. Non mi restava che recarmi al reparto consegne, che avrei identificato grazie al codice stampato sui cartellini attaccati alle librerie.
Sai quando paghi, ma non sai quando consegnano
Dopo alcuni chilometri con il primo carrello, giunsi in vista del magazzino e in lontananza, grazie agli occhiali da vista, identificai il settore 11, dov’erano conservate le librerie a giorno Norrebo. Mi procurai il secondo carrello (tornando indietro di parecchi metri) e chiesi a un commesso se mi poteva indicare lo scaffale 22; mi fece un cenno verso il fondo del corridoio, che m’indusse ad arrangiarmi da sola.
Trovata la libreria, bisognava ‘solo’ prenderla. La libreria pesava alcune decine di chili, era contenuta in due scatole e non vi erano commessi nelle vicinanze. Con uno sforzo notevole, agevolato dal fatto che ero in tuta (mai andare all’IKEA con i vestiti buoni), riuscii a sollevare dalla pila i primi scatoloni, che scartai perché rovinati. Scelsi un paio di scatoloni apparentemente sani e li riuscii ad appoggiare in parte sul carrello, confidando nell’aiuto di qualche commesso. Dopo molta attesa, fui soccorsa malvolentieri da un giovane – più fortunata dunque della commessa donna che, nella mia stessa situazione, dovetti aiutare io per solidarietà femminile. Chiesi se potevo aprire le scatole per un controllo, ma mi fu detto che non era previsto.
Ero a buon punto e chiesi informazioni sulla consegna, ma le mie certezze crollarono quando il commesso mi annunciò che non sarebbe stata nella settimana. Gli feci presente la mia urgenza e mi disse di contrattare con il banco trasporti; lasciai quindi lì i due carrelli e di corsa (avevo anche le scarpe da jogging) feci altre centinaia di metri, chiedendo la strada, fino al famoso banco, dove attesi in piedi per mezz’ora che alcune famiglie sbrigassero i loro affari. Al mio turno, si confermò che all’IKEA sai quando paghi, ma non sai quando ti consegnano la merce. La mia insistenza convinse il bravo giovane a telefonare alla ditta di trasporti, che pur non garantendo niente disse che avrebbe fatto del suo meglio per accontentarmi. Tornai quindi al magazzino, ripresi i due carrelli e, spingendoli di corsa, pagai alle casse e mi recai al banco trasporti. Fu solo allora che mi accorsi di avere dimenticato di comprare una libreria!
Il manuale c’è, ma è illeggibile
Ormai stremata, pregai una famigliola di sorvegliare la libreria già pagata (l’uomo al banco noleggi, pur non avendo nulla da fare, si era rifiutato) mentre io portavo in macchina i restanti pacchi. “Faccia presto!”, mi disse la mamma. “Prestissimo! L’auto è di fronte”. L’auto era sì di fronte, ma all’entrata, per cui dovetti compiere due lunghi viaggi, sempre di corsa, per mettere al sicuro i miei acquisti mentre la libreria era semi-incustodita. Intanto il sole tramontava.
Chiusa l’auto tornai al magazzino e ripetei la trafila dello scarico librerie su un altro carrello, sempre da sola; ripassai alle casse e finalmente tornai al banco trasporti. “Vuole la consegna a casa, il furgoncino o il portapacchi?” Un rapido calcolo mi fece escludere il noleggio del furgone (chi avrebbe riportato a casa la mia auto?) e il portapacchi (chi avrebbe caricato 4 scatoloni giganti sul portapacchi, chi l’avrebbe riportato entro 1 mese all’IKEA?), così restò la consegna, che appunto avevo chiesto il più rapida possibile. Tentai di ottenere che un giovanotto provasse almeno a caricare gli scatoloni nella mia utilitaria, ma mi fu risposto che i commessi non sono autorizzati a uscire dal negozio.
“Vuole anche il montaggio?” “Non so, è difficile? Potrei vedere le istruzioni?”
Qui l’IKEA mostrò uno sprazzo di organizzazione, stampandomi dal pc un libretto di istruzioni all’istante; ma era illeggibile, perché le pagine erano tutte mescolate. Davide, il mio angelo ikeano, si convinse a tagliare le paginette e a ricomporre un libretto spillato. Mi fu dunque chiaro che il montaggio non occorreva. Pagai un’ingente somma per la consegna, affidai le 2 librerie a Davide, che mi dette il numero della ditta di trasporti, e partii dall’IKEA alle 20:30, mentre calavano le ombre della sera.
Istruzioni criptiche…
Il giorno dopo, iniziai a prendere contatti con la ditta dei trasporti, ovviamente situata in un’altra città, che – sentiti i miei problemi – si mostrò molto comprensiva. Dopo alcune telefonate, si capì che l’IKEA non gli aveva ancora fornito le mie librerie, ma alla fine ce la fecero. Il giovedì alle 15 le librerie erano a casa mia e iniziai a montarle.
Le istruzioni, apparentemente elementari (in realtà avrebbero richiesto un crittologo) erano prive di testi, ma ricche di disegnini di ambigua interpretazione. Veniva mostrato un pezzo di legno con due buchi, ma quando lo utilizzai scoprii che in Svezia due forse indica tre, per cui dovetti rifare tutto dopo aver trovato il pezzo di legno con tre buchi. Per fortuna, alle 17, era giunta in mio soccorso una colf ucraina. Procedevamo con chiavino, martello e viti come una squadra di falegnami affiatata quando, all’imbrunire, quasi montata la prima libreria, mi accorsi con orrore che nello scaffale terminale mancavano le filettature necessarie a inserire le viti.
… Librerie difettose!
La libreria era difettosa!!! Non avrei potuto finire il montaggio! Mio marito sarebbe tornato e avrebbe trovato sul pavimento i pezzi sparsi di 2 librerie ignote! Quest’ultimo pensiero mi spinse all’azione. Calma e sangue freddo. Forse arrangiamo con le filettature dell’altra libreria, se riusciamo a estrarne qualcuna. Aprimmo convulsamente l’altro pacco, per avere una notizia peggiore: anche all’altra libreria mancavano le filettature, ma non alcune: quasi tutte.
Ci sedemmo sul pavimento a riflettere, a pezzi. Chiamai la ferramenta sotto casa, che mi mostrò molta solidarietà: “Signora, molti nostri clienti passano guai con i mobili IKEA, quelle filettature in Italia non le vendiamo, però può recarsi all’IKEA con lo scontrino e le verranno dati i pezzi mancanti.” Recuperai dalla spazzatura gli scontrini e mi precipitai a chiamare il servizio clienti (costoso numero 199), ma era già chiuso. Panico.
La colf, esperta nell’arte di arrangiarsi, aveva intanto estratto con il cacciavite una filettatura e cercava di inserirla nel foro sguarnito, che io allargai con un altro cacciavite. Perdemmo una mezz’ora a tentare sudando questa soluzione, finché scoprimmo che la colf aveva scelto la filettatura di tipo diverso, non adatta al nostro scopo. Mentre io riflettevo su una bomba all’IKEA o l’espatrio, la colf prese il chiavino e avvitò. Avvitò, avvitò, e la lunga vite riuscì a fare presa, facendo a meno della filettatura mancante.
Era ormai notte. La tariffa della colf aumentava, ma lei velocemente avvitava. Mi montò le librerie, spazzò il pavimento, portò giù gli scatoloni e la spazzatura, prese il suo compenso e mi dette la buonanotte. Io mi feci la doccia alle 23:30.
Un servizio clienti sollecito, ma…
Giorni dopo telefonai all’IKEA, altre attese all’199 (è impossibile comunicare con i singoli negozi), e il servizio clienti si mostrò immediatamente disposto a inviarmi a casa due nuove librerie. “Aveva chiesto anche il montaggio?” “No”. “Allora ce le deve fare trovare smontate per il ritiro”. “Ma quando le consegnate?” “Non si sa”. Un altro rapido calcolo dei rapporti costi-benefici (altra fatica immane, altro pagamento della colf, improvviso arrivo di operai in casa in momenti inopportuni) mi fece desistere; presi 24 ore per pensarci e poi comunicai al signor Antonio che, grazie, rinunciavo. Provai a chiedere un buono sconto in alternativa, ma lui, già allenato alla domanda, rispose che non è previsto. Per ora la libreria regge.
Morale della storia
1. All’IKEA si può andare solo A) in tuta, B) accompagnati da un uomo robusto, C) al volante di un furgoncino a noleggio, D) preferibilmente è meglio non andarci.
2. L’immigrazione è una santa cosa: chi è contrario all’arrivo di extracomunitari in Italia dovrebbe ricredersi, o almeno dovrebbe comprare una libreria all’IKEA e provare a montarla da solo.
Post scriptum
Ciliegina sulla torta: una decina di euro in bolletta per aver chiamato 7 volte il Servizio Clienti Ikea!