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Quando vige la disparità di genere

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LORELLA 🙂 IN UFFICIO CONSTATA LA SEPARAZIONE DEI GENERI

Tutto è iniziato nel 2015, quando –  su mia richiesta per avere un’opportunità di migliorare la mia professionalità – dopo molta attesa vengo trasferita in un’altra sede dell’azienda dove lavoro.
Entro nel mio nuovo ufficio: i miei colleghi sono 3 donne e 3 uomini, età media 50-60 anni, tutti figli di ex dipendenti, assunti quindi senza aver fatto una selezione e soltanto diplomati.
Arrivo io. Più giovane di 15 anni, di (molto) bella presenza e, a differenza loro, laureata.

Mi posizionano nella scrivania vicino ai i tre uomini, uno più rozzo dell’altro (si tagliano le unghie in ufficio!). Dopo un paio di mesi, cominciano a prendermi in giro per come vesto (a differenza loro, sono sempre molto elegante)e per i miei capelli, e a sminuire in continuazione me, mio figlio di 4 anni e mio marito che neanche conoscono.

Avevo notato che i tre uomini non parlavano con le tre colleghe donne, e che l’ufficio aveva un pannello separatore:  le donne da una parte, gli uomini dall’altra (e con loro, per questioni di spazio, io). I miei colleghi si parlavano solo per questioni meramente lavorative; addirittura, quando le donne entravano nell’ufficio e davano il buongiorno, i tre uomini non rispondevano.

Dopo tre anni, in cui non avevo mai accettato nessuna provocazione e avevo sopportato in silenzio, un giorno rispondo – con tono infastidito ma non aggressivo – a uno di loro, il più alto in grado. Lui va a lamentarsi dal Responsabile, che ci chiama tutti, anche le donne, e da lì inizia una discussione. Un collega stupidamente dichiara: “Ti ha sempre trattato male, non hai mai detto nulla e adesso parli!”. In un momento di lucidità, raccolgo la frase e scrivo una lettera di denuncia alla Direzione del Personale facendo nomi e cognomi e chiedendo una presa di posizione da parte dell’Azienda nei confronti dei tre uomini.

Inizia un iter di interrogatori da parte della Direzione, sia nei miei confronti che nei loro. Dopo una settimana, l’azienda decide di punire i miei colleghi, non riconoscendogli la politica retributiva per l’anno 2018.
Ciò è stato possibile anche grazie alle testimonianze delle mie colleghe, che per 20 anni erano state trattate dagli uomini come delle reiette: ascoltando le loro dichiarazioni ho saputo che avevano ricevuto il mio stesso trattamento se non peggio, ma che non avevano mai avuto il coraggio di mettere nulla per iscritto, riportando le offese solo verbalmente. I responsabili mi hanno detto che il mio era stato un atto di coraggio, e che stavano aspettando da tempo uno strumento (la mia denuncia), che gli permettesse di agire nei confronti dei tre colleghi, che avevano innumerevoli precedenti.

Fin qui tutto bene. Quando i tre, però, hanno saputo che l’azienda non avrebbe riconosciuto loro nessun maggior compenso per l’anno svolto, che sarebbero stati controllati fino alla pensione e che avrebbero dovuto cambiare atteggiamento nei confronti delle colleghe donne, le mie 3 colleghe si sono ingelosite, perché infastidite dalla posizione presa dall’azienda a mio favore: quand’era successo a loro, l’azienda non aveva fatto nulla. Dopo qualche giorno, mi accorgo che l’atteggiamento delle mie tre colleghe nei miei confronti è diventato strano: mi isolano, mostrandosi invece amiche dei tre colleghi maschi, che da quel momento diventano più cordiali con loro.

Nonostante il mio responsabile abbia riferito alle tre colleghe che il miglioramento era stato merito mio e che mi dovevano ringraziare del fatto che i tre colleghi uomini adesso le salutassero e parlassero con loro, le ex reiette hanno continuato a isolarmi, facendo addirittura dei veri e propri dispetti. Ad oggi sono arrivati tutti e sei a mettersi d’accordo per andare a prendere il caffè insieme, mentre io rimango da sola in ufficio.
Quindi oggi sono in isolamento!
Non ho mai pianto, anche se ho il magone allo stomaco e soffro di gastrite e colite.

Come sto reagendo? Sto tirando fuori tutta la mia forza interiore, e la mia pazienza: una volta capito che non c’era più nulla da fare nei confronti delle mie colleghe, nonostante sia stata con loro sempre carina e gentile, oggi le isolo io. Mi sono creata fuori dall’ufficio relazioni positive con altri colleghi, prendendo il caffè con loro. La mia è una prova di forza: isolo chi mi isola, uso l’indifferenza, l’unico rimedio se non hai altre alternative. Mostro che nulla mi interessa di quello che fanno e di quello che dicono.

Ho solo una consapevolezza: che loro sono il passato e io il futuro. Credete sempre in Voi.

DUE MESI DOPO, LORELLA CI SCRIVE… 🙂

Sembrerebbe che il mio isolamento sia terminato. Come ho fatto ? Ho messo in pratica un aforisma che avevo letto: “Se cambi il tuo atteggiamento verso le cose, finisci per cambiare le cose”. In ufficio, di fronte a queste tre colleghe, invece di farmi vedere impaurita, triste e dispiaciuta, fingevo di ricevere una telefonata e ridevo, con l’atteggiamento di una a cui non importa nulla. Ogni mattina entravo in ufficio dando il buongiorno ad alta voce, con un bel sorriso stampato in faccia, come se avessi vinto al Superenalotto. Sicura di me, ho cominciato a stringere relazioni con le altre colleghe, andando a prendere il caffè con loro, pranzando con i colleghi: io, l’isolata, isolavo loro.
Ho dovuto solo attendere… Ed ecco, proprio ieri quella delle tre che mi era più ostile mi ha chiesto: “vieni con noi a prendere il caffè?” Ho risposto “Volentieri!”, solo per quieto vivere.
Non ho dimenticato ciò che mi hanno fatto; con la pazienza di un cinese, attenderò che la vita mi renda giustizia.

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Pubblicato il Lavoro